Erano all’incirca l’una di notte del 27 Giugno 1969 . In un locale di New York, lo Stonewall Inn, un gruppo di ragazzi e ragazze, ignari di quello che sarebbe accaduto di lì a poco, trascorreva una nottata come tante altre. In allegria, in compagnia, tra un drink e una risata. Il clima cambiò quando un gruppo di otto poliziotti entrò nel locale, arrestando persone ree di indossare vestiti del sesso opposto e di non avere con sé documenti. Stessa sorte toccò ai dipendenti del locale. In quel preciso momento, stava per cambiare la storia di tutta la comunità LGBTQI+ del mondo. Iniziò una ribellione entrata nella storia come I moti di Stonewall.
Sulla scintilla che causò la rivolta ci sono pareri discordanti. Forse fu merito di Sylvia Rivera, transgender, diventata un simbolo della cultura LGBTQI+, che scagliò una bottiglia contro un agente di polizia dopo essere stata vezzeggiata e provocata con un manganello da quest’ultimo. Oppure è tutto accaduto grazie a Stormé DeLarverie, lesbica, quando oppose resistenza ai poliziotti che cercarono di trascinarla dentro l’automobile della polizia. Ci furono molti soprusi da parte della polizia quella notte
Da quella notte la questione dei movimenti gay prese sempre più le distanze dai movimenti omofili: la differenza consisteva nel fatto che mentre i movimenti omofili cercavano di integrare gli omosessuali nella società così come era, i movimenti sorti da Stonewall si posero come obiettivo quello di cambiare la società per renderla più aperta.
Quest’anno, in questo mese di Giugno, in tutto il mondo, si celebrano i 50 anni da Stonewall. 50 anni di orgoglio e lotta, di resistenza e speranza.
A Roma la celebrazione è doppia. Quest’anno infatti ricadono i primi 25 anni del Roma Pride.

Era il 9 Giugno del 1994 quando oltre diecimila persone parteciparono al primo Gay Pride nazionale.
Fu un successo enorme, destinato a ripetersi negli anni e confermandosi con un evento di riferimento in Italia, e non solo, per tutta la comunità LGBTQI+.
Volevamo raccontarvi di come si è trasformato ed evoluto il Roma Pride in questi 25 anni, ma una mera descrizione di eventi correlato di date non avrebbe restituito l’enorme emotività e le infinite emozioni che il Pride riesce ad elargire. Perciò abbiamo deciso che la voce narrante e i ricordi debbano essere necessariamente di chi ha partecipato e vissuto il Pride in prima persona.
Dal primo Pride del 1994, all’Europride del 2011, passando per il primo Wolrd Pride di Roma del 2000.
Abbiamo deciso così di intervistare Giulia Anania, Alessandro Ciferri, Gaia Logan, Paolo Maccari, Gianluca Manna, Giuseppe Pecce, Filippo Riniolo e Pietro Turano.
L’intervista corale sarà suddivisa in due parti, questa che andrete a leggere sarà ovviamente la prima e leggeremo le parole, i pensieri e le emozioni di :
GIULIA ANANIA, Cantante e autrice. È ideatrice del progetto “Amorucci”.
ALESSANDRO CIFERRI Dj e ideatore della serata queer La Roboterie.
PAOLO MACCARI Artista, illustratore e libero pensatore.
GAIA LOGAN DJ romana, ha partecipato a numerosi Pride.
Domanda. Qual è stato il tuo primo Pride e a che tipo di oggetto reale o emotivo lo associ?
Giulia Anania. Il mio Pride è stato il più bello: il Pride mondiale di Roma del 2000 che fu anche il primo Pride di Roma.
Eravamo forti, uniti.
Avevamo alzato un casino.
Imma Battaglia era la portavoce di un movimento e riusciva a essere molto convincente.
Nonostante le urla allo scandalo che avevano preceduto la manifestazione, le offese della Chiesa e dei personaggi dell’epoca (dove sono ora Gasparri, Fini, Casini?) le minacce di non autorizzazione; il Pride riversa nelle strade di Roma migliaia e migliaia di persone da tutto il mondo.
Tantissimi anche gli etero, le famiglie che volevano finalmente dire pubblicamente che erano dalla nostra parte, l’unica parte giusta: l’amore.
L’Italia e Roma si mostrarono molto più liberali di quello che le televisioni e la politica raccontavano in modo strumentale.
E Roma sullo sfondo, così bella, così sacra e profana, non giudicava, anzi! Ci aiutava a rendere tutto ancora più storico, emozionante, scenografico.
Sacre non erano le chiese, le cupole, le antiche rovine.
Sacro era l’amore che finalmente poteva mostrarsi, dopo anni in cui doveva essere nascosto.
Io avevo, credo,16 anni. Quel giorno mi sentii piu forte e meno sola.
Alessandro Ciferri. Era l’estate del 1998, il mio primo Pride. Da poco avevo fatto coming out con i miei amici ma ancora non con la mia famiglia. Da un anno e mezzo vivevo la mia prima e più lunga storia d’amore con Andrea; di quel giorno ricordo la gioia, il caldo, il sudore, l’emozione, allora si finiva davvero in piazza Venezia, non in piazza Madonna di Loreto come succede adesso. Ero giovane, eravamo speranzosi e impauriti, ma il mondo sembrava un luogo migliore. Associare questi ricordi a un oggetto? Ti direi un indumento più che altro: la canottiera a righe blu e bianche da “marinaretto” che con i baffi che avevo in quel periodo mi facevano tanto Querelle tanto da conquistare mille fotografi! Un indumento feticcio, grondante di sudore e di acqua che mi versavo addosso per reidratarmi durante la marcia!
Gaia Logan. Il sole. Il mio primo Pride è stato quello del 2000 a Roma, quello leggendario, quello in cui non c’erano spazi vuoti da colorare perché eravamo milioni di rainbow animati.
Mi sento molto fortunata a poterlo annoverare come il mio primo Pride, ero insieme ad amiche da tutta Italia e ricordo bene il sole, che era deciso, spensierato e orgoglioso, proprio come noi.
Paolo Maccari. Il primo Pride quello del 1994 vissuto con ansia. Avevo sentito parlare di quelli di New York, quello del film A letto con Madonna. Come ho sempre fatto, un pochino con timidezza mi sono messo a metà percorso e l’ho visto sfilare tutto e poi mi sono accodato. Finiva a piazza santi Apostoli e c’era sempre uno spettacolo con cantanti italiane amate.
D. Quali, nel corso degli anni, sono stati i cambiamenti relativamente a come il Pride viene percepito?
Anche qui, il mutamento nella percezione che si ha del Pride a che tipo di oggetto lo associ?
Giulia Anania. Credo che il Pride sia percepito molto poco ultimamente. Ha annoiato, soprattutto noi.
Credo che ci sia bisogno di capire che i tempi sono cambiati e che anche noi dobbiamo usare il Pride in modo diverso.
Per esempio, dobbiamo occuparci anche di altre minoranze che ora in difficoltà, non parlare solo dei nostri diritti. Ultimamente ho la sensazione che sia diventata una festa comandata che ci facciamo tra di noi, dove tutti gli anni ci ripetiamo. Sarei anche dell’idea di saltare una o piu edizioni di Pride, ma di ripensare bene politicamente il nostro ruolo nell’Italia di oggi.
Alessandro Ciferri. Nei miei 20 anni di Pride prendo due punti forti della storia romana: il World pride del 2000 che aprì uno squarcio enorme nella società italiana – visibilità, trasmissioni televisive, minacce di fascisti, io che trattengo il respiro a tavola con la mia famiglia che, pur sapendo di me, fingeva noncuranza durante i vari talk show dove ci crocifiggevano i soliti inutili opinionisti, preti suore ed esorcisti che parlavano di cose che non sapevano – un evento oceanico che mise in bella mostra tutta l’umanità di cui eravamo capaci; poi ci fu il 2001, le Torri Gemelle, il terrorismo, la paura e tutto cominciò a diventare paranoico e complicato – piazze negate, spazi ristretti, voyeurismo sessuale, fino ad arrivare dieci anni dopo a un’altra esplosione che fu l’Euro Pride.
In quelli anni con LaRoboterie eravamo attivi e per noi quello fu l’apice: un carro enorme, impianto da 20 kw sparato, cannone, mille amici, risate gioia … LadyGaga …
L’oggetto che associo al cambiamento del Pride? Gli auricolari della security, l’ossessione della sicurezza come arma di repressione!
Gaia Logan. Balconi e finestre.
Il Pride è stato un evento misterioso e poco masticato fino a quando la visibilità mediatica ha portato nelle case l’approfondimento sulle motivazioni che lo muovono e questa risonanza ha dato coraggio ai singoli per sdoganarsi nei contesti più svariati: penso ai balconi di Roma, dai quali le nonne che hanno visto la guerra si affacciano per partecipare con trasporto e sorriso all’affermazione del diritto. Quello dei balconi è sempre un momento emozionante.
Una moneta.
Negli anni, quella che sento come una graduale diminuzione del clamore, può assumere due aspetti diametralmente opposti: normalizzazione e inclusione come risultato desiderato, o un ritorno nell’ombra ed esclusione ma, sicuramente, il mutamento è che la percentuale di un risultato rispetto all’altro è adesso meno soggetta alla cieca generalizzazione e più diversificata da un soggetto a un altro, anche nella stessa famiglia. Il parlarne, nel bene e nel male, ha inevitabilmente aggiunto luce a una stanza poco illuminata.
Paolo Maccari. Ogni anno mi stupisco per la folla sempre più grande di giovani felici e ogni anno si aggiunge una sfaccettatura del mondo LGBT, proprio come ogni anno a questa sigla si aggiunge una lettera e siamo diventati LGBTQIAP+.
La percezione del Pride… credo che all’inizio sia stato preso sotto gamba, una sfilata del circo. Negli anni sento di più la critica perché quelli che sfilano vogliono, esigono cose e lo fanno con vestiti troppo eccentrici per sembrare credibili. Questa cosa spiazza.
Un corteo di protesta è fatto di gente incazzata.
Un corteo di gente libera e felice come può chiedere cose?

D. Cosa è per te il Pride? Quale il ricordo a cui sei più legat*?
Giulia Anania. Il Pride per me è l’amore che può scorrazzare libero come un bambino in un cortile. È gioia.
Di ricordi ne ho tanti, ho anche girato il videoclip della mia canzone La bella stagione in un Pride di qualche anno fa e cantato per l’Euro Pride a Piazza Vittorio.
Alessandro Ciferri. Il Pride è la storia di quello che sono e di quello che siamo, è una giornata di lotta e di celebrazione è la scintilla che ha segnato l’inizio delle rivendicazioni della comunità LGBTIQ+ del mondo: è la mia festa!
Gaia Logan. Il Pride è scoperta, forza, accoglienza, appartenenza. Gruppo, inclusione e rifugio dopo un’esclusione, dopo la fine di una vita precedente. Una rinascita, come quella da uomo a drag in una notte, notte dopo notte, spettacolo dopo spettacolo.
Il mio ancoraggio al Pride è sulle persone, quelle sconosciute con cui ti trovi gomito a gomito anche solo per quelle poche ore, quelle con cui abbiamo scelto ogni disco suonato per sorreggere e spingere il significato di una manifestazione così importante e felice; i preparativi per organizzare e decorare il carro, e il caldo torrido condiviso da ore prima della partenza ufficiale fino al tramonto quando prendiamo l’aria della corsa finale fino al punto di smontaggio dell’allestimento, per poi scappare alla venue dell’evento notturno che inizia – sempre – da lì a poco.
Cuffie, cavi, appiccicume sotto le suole, bottiglie, prima scottatura della stagione.
Paolo Maccari. Per me il Pride? Una cosa che aspetto tutto l’anno come Sanremo, come il compleanno, Natale, Capodanno, Ferragosto: incontro gli amici nel cuore di Roma in una giornata di sole e c’è la musica! Più di così? Ci si veste col vestito più colorato, si vuole la musica, c’è la voglia di incontrarsi e contarsi. E da questo che nasce la voglia di chiedere il proprio posto nel mondo.
Ricordo il vestito di Vladimir Luxuria in una sera al circo Massimo durante il World Pride del 2000: era decorato coi topi. I topi eravamo noi che da allora saremmo usciti allo scoperto.

D. Un incontro significativo legato al Pride
Giulia Anania. Lady Gaga al Circo Massimo… anche se non di persona. Attaccò un pippone lunghissimo invece di cantare, ma era bello fosse lì dove mi facevo le canne da adolescente.
Alessandro Ciferri. Con estrema dolcezza ricordo una mattina assolata al circo Massimo durante la settimana del World Pride dove incontrai, appoggiato alla statua di Giuseppe Mazzini (credo) ai piedi dei quello che fu il più bello dei Pride Park al Roseto comunale, Rupert Everett che leggeva placidamente un libro. Ricordo il nostro incontro di sguardi, il mio arrossire e il suo sorridere, una convulsa conversazione di pochi minuti e un bacio tenerissimo che si concluse con un «ci vediamo domani», ma tutto finì lì, come sapevamo entrambi.
Gaia Logan. Molti. Ogni Pride porta nuove amicizie, oppure riscopri persone che non vedevi da tempo. Se entri nello spirito giusto, incontri tanto, incontri tutti.
Paolo Maccari. Un incontro? Mi ricordo Francesco: ci vedevamo sempre il sabato sera nei locali, ci incontrammo e ridendo ci dicemmo «Finalmente alla luce del sole!».

D. Quest’anno è il 25° Pride Roma: cosa è stato fatto e cosa c’è ancora da fare?
Giulia Anania. In questi anni abbiamo realizzato obiettivi che sembravano impossibili. Dobbiamo non omologarci, non accontentarci di poterci sposare, dobbiamo stare attenti all’egocentrismo social, stare sempre in guardia… perché con l’omologazione ci narcotizzano. Dobbiamo uscire dai nostri temi – smettere di litigare tra associazioni – organizzare più feste ed eventi – partecipare anche alle manifestazioni che riguardano altri temi molto importanti come quelle per sostenere le politiche di migrazione e integrazione.
Dobbiamo continuare a innamorarci.
Alessandro Ciferri. 25 anni, sono la metà del movimento, quest’anno Stonewall ne compie 50! È stato fatto molto a livello internazionale, qui da noi è stato fatto poco, secondo il mio punto di vista, le Unioni civili sono un contentino per emulare quello che hanno gli etero e per far rientrare i “gay” nella normalità che piace tanto ai moderati e ai bigotti. Lo sdoganamento dell’omosessualità, più che altro, è avvenuto per mezzo di aziende e prodotti commerciali che, capendo la grande capacità di acquisto del nostro target, hanno investito per meri scopi di lucro. Ovviamente il Paese reale è migliore della politica e anche se ora soffia un vento di “guerra” per tutto quello che esce dagli schemi, ho fiducia che riusciremo a superare questo momento per ritrovare la capacità di accogliere e rispettare tutte le differenze, vera ricchezza del mondo. Posso solo dire che la lotta si fa tutti i giorni, partendo da noi, dal singolo, mostrandoci senza paura, senza vergogna, a viso scoperto perché l’Amore è la cosa più bella che abbiamo!
Gaia Logan. Questa è una domanda troppo politica per le mie competenze e non mi sento in grado di argomentare se non con i soliti commenti prevedibili e scontati.
Credo semplicemente che al peggio non c’è fine, come al meglio: ci sarà, quindi, sempre qualcosa che si può fare in più e meglio.
Paolo Maccari. Mi trovi impreparato: io amo il Pride così com’è, caciarone con tutte le critiche e finché ci saranno avrà senso sfilare. Mi ricordo quell’anno che su Facebook scrissi che andavo al Pride per una sola persona: per trovare me adolescente pieno di dubbi e paure, e ci andavo per farmi una carezza e dirmi che sarebbe andato tutto bene. Ci sarebbe stato dolore ma anche tanta gioia e amore come chiunque altro, come chiunque altro. Il fatto, poi, che ogni anno aumentino le presenze ed ogni anno la percentuale di giovani sia sempre più alta, vuol dire che il Pride sta andando nella direzione giusta.
D. (Racconto) Il Pride raccontato a chi non ha la minima idea di cosa sia davvero il Pride.
Giulia Anania. Migliaia di persone che diventano un’unica creatura meravigliosa, sensuale, musicale che raccoglie tutti gli amori del mondo. Un rito magico. Un rave urbano dove la cassa è un cuore che ne contiene migliaia.
Alessandro Ciferri. Immagina una città piena di musica, di orgoglio, di colori e di diversità. Immagina anche tanta fatica, tante persone e tante lacrime per raggiungere tutto questo Amore. Poi prova ad aggiungere anche il tuo e lentamente il mondo sarà un posto migliore!
Gaia Logan. Il Pride non è davvero qualcosa piuttosto che un’altra: il punto è trovarci dentro ciò che è tuo, perché è la manifestazione di ciò che sei davvero. È, appunto, Orgoglio, e non siamo tutti necessariamente orgogliosi della stessa cosa, quel giorno: celebriamo proprio la diversità, perciò se io sentirò orgoglio nel sentire il senso di gruppo, un altro sentirà l’orgoglio di poter indossare le vesti che più lo fanno sentire a suo agio, un altro ancora proverà orgoglio nell’essere uscito da una casa opprimente per scendere in strada a sorridere.
È orgoglio nel senso più puro e buono: sono qui e sono felice di esserci.
Paolo Maccari. Tutti sanno cosa è il Pride anche se fanno finta.
È una festa e quindi per andarci si deve avere la voglia di vita.
Intervista realizzata per noi da Elena Giorgiana Mirabelli, redattrice e responsabile progetti di Arcadia book&service.
Contatti
Sito CCO Mario Mieli: mariomieli.net
Sito Roma Pride: romapride.it
Sito Largo Venue: largovenue.com
Instagram CCO Mario Mieli: @ccomariomieli
Instagram Roma Pride: @romaprideofficial
Instagram Largo Venue: @largo_official
Facebook CCO Mario Mieli: @CCOMarioMieli
Facebook Roma Pride: @RomaPride
Facebook Largo Venue: @largovenue

Negozio on line di abbigliamento, accessori, stampe e libri, dove il minimo comune denominatore è l’originalità e l’ironia.
Spedizioni gratuite in tutta Italia.